Caparròs si lancia contro l’ambientalismo che si fa business. E lo smaschera.
Milano: «Non dico che sia falso, dico solo che è curioso, vale la pena pensarci». Si riferisce alla teoria («O religione?») del cambiamento climatico, Martin Caparròs. Argentino dalla penna acuta, il padre del giornalismo narrativo ha viaggiato in nove diversi paesi del mondo per studiare l’apocalisse, il cambiamento climatico. Lui è andato a vedere cosa accade nei Paesi protagonisti delle conseguenze del cambiamento. E il libro “Non è un cambio di stagione”, in uscita oggi, è il racconto di questo iperviaggio.
Parla di ambientalismo come moda, di ecologismo che si fa religione, del potere delle lobby che spostano milioni di dollari in nome dell’apocalisse annunciata. Quante persone ha fatto arrabbiare con questo libro?
(Ride, con la sua voce cavernosa). Molte, poche, non lo so. Io mi sono arrabbiato molto. Il mio obiettivo non è far arrabbiare le lobby, ma aiutare la gente a pensare.
Ogni storia che racconta ci dimostra che spesso le soluzioni dell’ecologismo creano problemi. Ad esempio opporsi contro il taglio della foresta amazzonica, secondo quanto ha appurato in Brasile, significa negare a centinaia di persone una terra produttiva.
Ci vogliono convincere che non c’è nulla di più pericoloso del cambiamento, che quello che abbiamo è il meglio, e che siamo sempre sul punto di perderlo se non lo conserviamo. Ma non è così. Dobbiamo chiederci a chi fanno comodo queste teorie.
Lei sostiene che la minaccia del cambiamento climatico, che sta già avvenendo con effetti disastrosi sull’ecosistema , è un’apocalisse annunciata e utile.
Ci tengono buoni con la paura. Ma altri si arricchiscono, fanno affari, diventano famosi, vincono nobel, come Al Gore. Vede, in realtà non interessa ai potenti che decidono cosa accade a quei popoli. In Niger ho potuto constatare proprio questo, e contesto questa teoria del cibo organico, perchè non prende in considerazione popoli che muoiono di fame.
Sì, se la prende anche col cibo biologico.
Per avere cibo biologico si eliminano le sostanze chimiche dai processi produttivi e si impoveriscono le coltivazioni che potrebbero con fertilizzanti e altre sostanze sfamare migliaia di persone. Ma a chi importa di loro? Copenghen ha raccolto nel 2009 i potenti della Terra per il vertice sui cambiamenti climatici. Un mese prima, a Roma, al vertice Fao, non c’era alcun grande capo di Stato. I più famosi: Lula, Mubarak e Gheddafi. «E a seguire una commovente lista di presidenti africani».
Stefania Divertito
Milano: «Non dico che sia falso, dico solo che è curioso, vale la pena pensarci». Si riferisce alla teoria («O religione?») del cambiamento climatico, Martin Caparròs. Argentino dalla penna acuta, il padre del giornalismo narrativo ha viaggiato in nove diversi paesi del mondo per studiare l’apocalisse, il cambiamento climatico. Lui è andato a vedere cosa accade nei Paesi protagonisti delle conseguenze del cambiamento. E il libro “Non è un cambio di stagione”, in uscita oggi, è il racconto di questo iperviaggio.
Parla di ambientalismo come moda, di ecologismo che si fa religione, del potere delle lobby che spostano milioni di dollari in nome dell’apocalisse annunciata. Quante persone ha fatto arrabbiare con questo libro?
(Ride, con la sua voce cavernosa). Molte, poche, non lo so. Io mi sono arrabbiato molto. Il mio obiettivo non è far arrabbiare le lobby, ma aiutare la gente a pensare.
Ogni storia che racconta ci dimostra che spesso le soluzioni dell’ecologismo creano problemi. Ad esempio opporsi contro il taglio della foresta amazzonica, secondo quanto ha appurato in Brasile, significa negare a centinaia di persone una terra produttiva.
Ci vogliono convincere che non c’è nulla di più pericoloso del cambiamento, che quello che abbiamo è il meglio, e che siamo sempre sul punto di perderlo se non lo conserviamo. Ma non è così. Dobbiamo chiederci a chi fanno comodo queste teorie.
Lei sostiene che la minaccia del cambiamento climatico, che sta già avvenendo con effetti disastrosi sull’ecosistema , è un’apocalisse annunciata e utile.
Ci tengono buoni con la paura. Ma altri si arricchiscono, fanno affari, diventano famosi, vincono nobel, come Al Gore. Vede, in realtà non interessa ai potenti che decidono cosa accade a quei popoli. In Niger ho potuto constatare proprio questo, e contesto questa teoria del cibo organico, perchè non prende in considerazione popoli che muoiono di fame.
Sì, se la prende anche col cibo biologico.
Per avere cibo biologico si eliminano le sostanze chimiche dai processi produttivi e si impoveriscono le coltivazioni che potrebbero con fertilizzanti e altre sostanze sfamare migliaia di persone. Ma a chi importa di loro? Copenghen ha raccolto nel 2009 i potenti della Terra per il vertice sui cambiamenti climatici. Un mese prima, a Roma, al vertice Fao, non c’era alcun grande capo di Stato. I più famosi: Lula, Mubarak e Gheddafi. «E a seguire una commovente lista di presidenti africani».
Stefania Divertito
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